Quell’incastro sottile tra tono e piattaforma
Ogni social network è come un Paese straniero, con le sue leggi non scritte, le sue interpunzioni, i suoi accenti. Chi parla senza adattarsi, rischia di sembrare quel turista che fotografa e sorride ma non capisce. Su Instagram si comunica per immagini come in certi sogni, su LinkedIn si scrive come si parla a un concorso pubblico, su TikTok si balbetta col corpo tra ironie post-moderne e danze improbabili, e così via per ogni piattaforma social passata e futura…
Un brand che vuole abitare davvero questi luoghi deve imparare a cambiare pelle senza perdere sé stesso: cioè, essere riconoscibile anche quando sussurra, anche quando fa una battuta o una caption di cinque parole.
Non basta tradurre, bisogna trasmigrare: il messaggio si reincarna, si fa liquido, si adatta al contenitore, come certi pesci abissali che cambiano forma per sopravvivere alla pressione. È un esercizio di immaginazione linguistica che coniuga mestiere, formazione ed esperienze di vita, ed è proprio lì, in quell’incastro sottile tra tono e piattaforma, che nasce la comunicazione in grado di lasciare traccia.